Parole di giorni un po' meno lontani by Tullio De Mauro

Parole di giorni un po' meno lontani by Tullio De Mauro

autore:Tullio, De Mauro [De Mauro, Tullio]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Linguistica, Intersezioni
ISBN: 9788815310088
editore: Societa editrice il Mulino Spa
pubblicato: 2012-10-14T22:00:00+00:00


Romani opi sunt

Ebbene sì, questa frase scandalosa per chi sappia un po’ di latino io l’ho detta. L’ho detta per tradurre una frase italiana che mi era stata data circa i Romani che dovevano fare qualcosa, forse il solito ponte, con l’aggiunta che dovevo tradurre con la costruzione di opus est «bisogna, occorre, si deve» ovvero «è d’uopo» nell’italiano aulico e di Totò. L’ho detta quella frase, ma prima che la corte mi condanni e io stesso mi trascini autofustigandomi sui sentieri dell’espiazione, chiedo di tenere conto delle attenuanti.

Archiviato l’incidente di «BOÁΩ», con la professoressa Raudino le cose andarono benino. Studiavo con scrupolo, andavo bene in greco e in latino, forse non ero il primo della classe: dall’ultimo banco il mio compagno Giancarlo Carloni rispondeva con maggiore prontezza e precisione a ogni domanda, era bravissimo negli scritti e nell’orale. Credo che mi battesse. Avevo, rispetto a lui, un vantaggio che, per come era fatta e in parte ancora è fatta la nostra scuola, restava personale e indiretto: una messe di letture casalinghe assai più vaste. Di altre anteriori ho già detto. A David Copperfield si era aggiunto Oliver Twist. In una piccola libreria apertasi in quegli anni a piazza Bologna, con bel nome si chiamava Aretusa, mi procurai altro Cronin e Steinbeck, mi fecero grande impressione Le chiavi del paradiso e La luna è tramontata. Mi suonò misterioso quel finale «Rammenta: dobbiamo un gallo ad Asclepio», e tale mi restò per alcuni mesi ancora. Il guscio del mio fascismo si incrinava e perdeva pezzi soprattutto per effetto indiretto. Libri come La vita semplice o La signora di Ernst Wiechert, e in modo meno indiretto libri della Medusa arancione, come Tutto il mondo è paese di Aldous Huxley o le fondamentali Lettere di Berlicche di Lewis mi trasportavano verso orizzonti nuovi, quello di spiriti liberi e pensosi, capaci di quell’ironia che i totalitarismi e fondamentalismi non offrono. Un libro regalatomi da Anita Stajano, una Medusa verde, La legge di Thomas Mann, schiudeva le vie di un ripensamento ironico, distaccato, geniale della formazione di un ethos nazionale e della solitudine di un capo, dei suoi limiti, errori, scacchi e virtù. Nella libreria Aretusa trovai e acquistai anche i primi numeri di Poesia, l’annuario pubblicato da Mondadori, con i testi di autori per me ignoti, Umberto Saba, Giuseppe Ungaretti. Trovai uno smilzo volumetto Einaudi, una scelta di poesie di Rilke tradotte da Giaime Pintor e dalla notiziola editoriale seppi della morte del traduttore nella Resistenza, e fu un’altra non piccola incrinatura del mio ancora non dismesso, non consapevolmente dismesso fascismo infantile.

Dunque, leggevo molto, ma me lo tenevo per me. Non tenevo per me l’andar bene, oltre che in italiano, nelle altre materie di scuola, specie in greco e latino. Ero dunque avviato con tutta tranquillità all’esame di licenza ginnasiale, che allora chiudeva il primo quinquennio postelementare e apriva le porte del liceo. Esaminatori erano non i nostri professori, ma i professori di liceo della sezione in cui, se tutto andava bene, saremmo stati iscritti.



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